Ecomuseo della Valle del Bitto di Albaredo nel Parco Orobie Valtellinesi

Eco museo della Valle del Bitto di Albaredo nel Parco Orobie Valtellinesi

Scarica la brochure dell’Ecomuseo: fronte e retro.

L’eco museo visto e descritto da Massimo Dei Cas

Il territorio della Valle del Bitto di Albaredo, culla dell’Ecomuseo, è un paesaggio dove la componente naturale si è fatta plasmare dalla paziente e testarda maestria delle genti del luogo che in secoli di convivenza ha stabilito un tacito accordo con le forze e le prerogative dell’ambiente circostante.
Il paesaggio culturale che ne è nato è governato soprattutto dalla conoscenza, dalla sapienza frutto dell’esperire e delle pratiche tramandate per via orale. L’abbandono della montagna tradizionale è sinonimo di interruzione di queste pratiche e di oblio delle conoscenze acquisite. Un fenomeno riconducibile sia all’antieconomicità delle attività agricole tradizionali sia alla incolpevole e ormai radicata convinzione (il montanaro si autopercepisce come elemento ultimo all’interno del mondo economico) dell’inutilità del lavoro contadino in montagna.
Non è sempre stato così.

Per salvare la conoscenza acquisita e poter proseguire in queste pratiche è necessario rendere consapevoli dell’importanza del lavoro di queste persone, ridando loro quel rispetto che la banalizzazione, l’omologazione ricevuti “in pacchetto” col modello economico del mercato_globalizzato ha loro tolto.
In che modo? Di certo non attraverso un balzo all’indietro nel tempo…ma il mercato oggi ci fa trovare anche le soluzioni ai danni che ha causato…un turismo più a misura d’uomo…il turismo rurale che permette la riscoperta di tradizioni e di sapori…lo “sviluppo sostenibile”…e quale altro modello di “crescita” economica in una vallata come questa?

“L’Ecomuseo è uno strumento che un’istituzione capace di fornire esperti, servizi, risorse economiche e la popolazione con le proprie aspirazioni, conoscenza, capacità d’approccio costruiscono e gestiscono insieme”: Georges Henri Rivière.

… è un PATTO con la Comunità…una formula magica…un invito alla riflessione, la chiave di lettura di quello che andrete a visitare:

Il percorso all’aperto

Partenza: dalla Porta del Parco di Albaredo a quota 900m s.l.m., si percorrono 2 km in auto o in pullman fino alla “Via dei monti” (1.146 s.l.m.). dove si incrocia l’antica strada Priula. Imboccata questa antica via, si prosegue a piedi fino all’Alpe Vesenda Bassa a quota 1.350 s.l.m.
Tempo di percorrenza: 1h 30′
Tipologia del sentiero: per 2/3 m 2 di larghezza, nel tratto terminale nel bosco m 1 di larghezza.

Dosso Chierico: uno dei suggestivi maggenghi sul percorso dell’Ecomuseo L’itinerario proposto oltre ad offrire la possibilità di immergersi in una comunità alpina in cui è ancora radicata la mentalità contadina, ha una notevole valenza Storica, antropologica e naturalistica che può essere utilizzata per fini didattici di approfondimento e per la crescita di una coscienza ecologico.

Tipico edificio rurale lungo il percorso dell’Ecomuseo Il punto di partenza è previsto presso la Porta del Parco di Albaredo, un nuovo centro didattico adibito all’informazione e all’organizzazione d’attività inerenti il Parco Orobie Valtellinesi al fine di avvicinare sia la popolazione che visitatori alla realtà scientifica propria di una vallata inserita in un parco naturale in grado di offrire un ecosistema alpino che non manifesta ancora in modo preponderante a presenza umana stabilizzata nella realtà montana in maniere totalmente simbiotica.

Sala video La struttura è attrezzata con una sala video multimediale di 60 posti. La Porta del Parco opera a stretto contatto con la struttura ricettiva “Ca’ Priula”, una locanda che dispone di quaranta posti letto suddivisi in camerate per le scolaresche e in camere doppie e oltre anche un servizio di ristoro con la possibilità della degustazione dí piatti tipici locali.

Ponte sulla Via Priula: valle di Piazza lungo il percorso ecomuseale Proseguendo lungo l’itinerario previsto si incrocia l’antica strada Priula, costruita tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo per volontà di Alvise Priuli Podestà di Bergamo dal 1591 al 1593. A quel tempo era infatti sorta la necessità per le popolazioni bergamasche della costruzione di una via che servisse da facile collegamento con la Valtellina, onde evitare che l’economia bergamasca potesse essere stroncata dai traffici dei Milanesi. La strada, detta anche di S.Marco, rivelò ben presto un’importanza strategica, sia sotto l’aspetto economico che sotto il profilo militare.

Bosco di abeti lungo il percorso ecomuseale L’antica Via Priula, dopo aver attraversato l’abitato di Albaredo, diviene elemento lineare dí riferimento per la dislocazione dí puntuali edifici rurali per la produzione del formaggio Bitto e la tipica lavorazione lattiero-casearia. Poco prima del ponte sulla valle Pedena, a quota 1.115m, sono ubicati i resti di una segheria. Si tratta dí pochi resti pilastrati di strutture a supporto degli attrezzi dí lavorazione manuale. Fu utilizzata fino ai primi decenni di questo secolo con il metodo di taglio “alla trentina”.

Il ciclopico albero munumentale -avez de vesenda- sul percorso ecomuseale In località “Tagliate”, a quota 1.115 m, trova una piazzola per la fabbricazione del carbone di legna, produzione che avveniva con un lungo e antico procedimento. Sempre in questa località, è possibile ammirare una singolare costruzione in pietra e copertura a due spioventi con lastre di scisto, il “bàit del lat”, utilizzata sui pascoli per la conservazione del latte. I baitelli, detti anche “budulere”, sono in parte interrati e attraversati nel mezzo da un rivolo d’acqua che garantisce la frescura e un costante grado di umidità.

In località Vesenda, quasi al fondo della valle del Bitto, sono collocati i forni fusori del ferro. Di essi si hanno notizie daI 1392 a riguardo di contratti di gestione e di affitto. Il sito dei forni con le tracce delle antiche lavorazioni sono stati riscoperti nel 1984. In una relazione al Senato veneto, G. Da Lezze li descrive cosí: ‘… Il forno è un vaso murato di pietre coperto, fabbricato sopra qualche seriola d’acqua che con quella i mantici grandi accendino et mantenghino il foco et con la forza di quello sottoposto si separa il ferro dalla terra, la terra torna a congelarsi in lota, et il ferro si unisce da se stesso indurendosi, che poi indurito si porta alle fusine, a farsi in azzali, et a lavorarsi il ferro.”

 

 

Per informazioni:
Porta del Parco Orobie Valtellinesi di Albaredo
Tel. 3398314467
ecomuseo@comune.albaredopersanmarco.so.it

Pagina aggiornata il 01/02/2024