Il Matüsc è un tipico formaggio “povero” valtellinese a pasta molle, ottenuto dalla lavorazione di latte vaccino e caprino, parzialmente scremati, in modo tale che, per ogni singola forma (che non supera i 2,5 kg), si possa ricavare anche quel mezzo chilo di burro che, venduto, contribuiva, in passato, a sostenere i magri bilanci familiari.
La lavorazione prevede che il latte sia portato a 35°, prima che si aggiunga il caglio costituito da liquido di vitello. Rotta la cagliata a dimensione di piccoli piselli, viene depositata nelle fascere e pressata per l’eliminazione del siero in eccesso. Dopo qualche giorno le forme vengono salate esternamente a secco e poi poste in ambiente fresco e ben arieggiato per la stagionatura, che deve durare almeno 45 giorni.
Il Matüsc viene prodotto un po’ ovunque, ed anche nel cuore del regno di sua maestà il Bitto, cioè nella Valle del Bitto di Albaredo. Qui, dal 2006, ha assunto la denominazione di ” Matüsc San Marco”, in onore dell’antica strada di collegamento con la Repubblica Veneta (la Via Priula), sulla quale si affaccia il caseificio AlpiBitto di Albaredo. Si tratta di un prodotto antichissimo: la sua denominazione deriva, forse, da matte, parola tedesca che significa telo. È il tipico prodotto di una agricoltura a dimensione famigliare, ancora presente nella comunità di Albaredo, dove, tradizionalmente, sono quasi sempre le donne a dedicarsi alla produzione di questo formaggio.
E qui è stato dedicato a questo prodotto anche un sentiero, il Sentiero del Matüsc, appunto, itinerario tematico che consente di toccare i più tipici maggenghi ed alpeggi legati alla sua produzione. Proprio nei maggenghi avveniva, infatti, gran parte della lavorazione di tale formaggio: il latte veniva tenuto al fresco nella “budülera”, il baitello al cui interno scorreva un ruscello, fino all’affioramento della panna che serviva per il burro; con il latte magro rimasto, come già detto, veniva prodotto il matüsc.
Il sentiero del Matüsc è identificato con cartelli gialli e con il numero 2, ha uno sviluppo ad anello, con partenza ed arrivo Albaredo, e richiede un impegno escursionistico medio (840 metri di dislivello in salita, ed un tempo complessivo che si aggira intorno alle 5 ore, anche se può essere abbreviato percorrendo anelli ridotti). Consigliabilissimo a tarda primavera, in estate ed in autunno, lo si può percorrere, tuttavia, anche in inverno, prima che la neve renda più difficoltoso il cammino. Punto di partenza è la frazione di Case di Sopra, che possiamo raggiungere con l’automobile staccandoci sulla sinistra dalla strada provinciale per il passo di S. Marco, che attraversa Albaredo, all’altezza del ristorante “El Cumpanadegh” (accanto al quale passiamo, entrati in paese, dopo un tornante sinistrorso ed uno destrorso). Percorsa per un breve tratto la via Case di Sopra, raggiungiamo un comodo parcheggio, al quale possiamo lasciare l’automobile. Siamo ad una quota di circa 950 metri. Presso un gruppo di case quasi addossate l’una all’altra, troviamo il cartello giallo con numerazione “2”, che indica la partenza del sentiero (qui denominato “Via d’Orta”), risale, ripido, i prati a monte della frazione, tenendosi al centro del filo di un dosso.
Tagliata una nuova stradina asfaltata che sale anch’essa dalle Case di Sopra (e che potremmo utilizzare in alternativa a questo primo tratto di sentiero), intercettiamo una carrozzabile sterrata che corre a monte del paese, raggiungendo la zona dell’acquedotto. Prendiamo, ora, a sinistra e, dopo una curva a destra, troviamo subito una mulattiera che si stacca sulla destra dalla carrozzabile (freccia gialla), poco prima del Punt dul Saltìn. Si tratta della mulattiera che sale, diretta, ad Égolo (Egul), splendido maggengo che costituisce un punto nodale sul Sentiero del Matüsc. In alternativa a questa, possiamo utilizzare un itinerario un po’ più lungo, che raggiunge Égolo passando prima per i prati del Dosso Comune.
Vediamo la prima possibilità. La mulattiera sale decisa, viene per un tratto interrotta da un ripido canale in cemento per la regimentazione dell’acqua, poi riprende, passando a destra di alcuni prati e di due baite ed entrando poi, dopo un traverso a sinistra, in un bel bosco. Salendo, inanelliamo diversi tornanti e troviamo un paio di cartelli che illustrano le specie di alberi che popolano il bosco, nell’ordine frassini maggiori e maggiociondoli. Sulla mulattiera si trovano alcune frecce gialle, e su qualche pianta segni blu.
Poco dopo il secondo cartello, usciamo dal bosco, nella parte bassa dei prati di Égolo. Vediamo, sopra di noi, una baita che reca sulla facciata un bel dipinto di Madonna. Procedendo a destra, intercettiamo un sentierino che, seguito verso destra, ci porta alle baite basse, per poi piegare a sinistra e risalire i prati sul lato di destra, fino ad intercettare il cartello del Sentiero del Matüsc, nel punto in cui le due varianti si incontrano.
Ecco, ora, la seconda variante, che raggiunge Egolo passando per il Dosso Comune. Torniamo al punto di partenza della mulattiera che sale diretta ad Egolo: ora, invece di imboccarla, proseguiamo sulla pista carrozzabile, fino al Punt dul Saltìn. Appena oltre il ponte vediamo, sulla destra, la partenza di un sentiero marcato che risale un dossetto (c’è anche il filo di una teleferica, per cui bisogna prestare la massima attenzione). Troviamo anche un paio di cartelli: il primo dà il Dosso Comune a 50 minuti, Egolo ad un’ora e 20 minuti e Cornelli a 2 ore e 10 minuti; il secondo segnala alberi monumentali in località Egolo–öff, a 1500 metri. È il sentiero che seguiremo salendo, accompagnati da alcuni segnavia bianco–rossi.
Passiamo ben presto a sinistra di un prato con una baita. Il sentiero si fa larga mulattiera; ignorata una deviazione a sinistra, proseguiamo salendo con alcuni tornantini. Superiamo un casello dell’acqua con bandierina rosso–bianco–rossa numerata “149” e proseguiamo impegnando altri tornantini; siamo a sinistra di una ripida fascia di prati, il Dosso Comune. Attraversiamo, quindi, da destra a sinistra, il ruscello della Valletta, trovando, poco sopra, una deviazione a sinistra, che ignoriamo.
Dopo un’ulteriore serie di tornantini in pineta, attraversiamo, da sinistra a destra, un canalino in cemento per la regimentazione dell’acqua e raggiungiamo un casello dell’acqua con un tubo ed una fontanella, prima di sbucare sul lato sinistro dei prati di Egolo, nella parte bassa. Saliamo, quindi, verso la parte più alta e centrale dei prati e, volgendo a destra, ci portiamo al punto nel quale questo itinerario si congiunge con quello sopra descritto (m. 1560 circa). Qui troviamo il cartello giallo del Sentiero del Matüsc, e sotto questo un cartello della Comunità Montana di Morbegno che dà Gradesc a 40 minuti. Alla loro sinistra, un cartello illustra le caratteristiche di un acero di monte che rientra fra gli alberi monumentali della Provincia di Sondrio: l’altezza di 19 metri e la circonferenza di 255 cm. Il panorama è davvero bello: da sinistra, vediamo la costiera occidentale della Val Gerola, le Alpi Lepontine e buona parte della Costiera dei Cech.
Proseguiamo a salire verso destra, fino ad incontrare un bivio, al quale prendiamo a sinistra, seguendo le indicazioni di un nuovo cartello del Sentiero del Matüsc ed ignorando il sentiero a destra che, come indica un secondo cartello, conduce a Fop per la Via de Sum. Proseguendo nella salita, raggiungiamo la località Sass (m. 1600 circa), dove intercettiamo un sentiero che proviene da destra. Il doppio cartello del Sentiero del Matüsc e del Sentiero della Transumanza ci indica che abbiamo intercettato il secondo percorso, che dal ponte della Val Fregera sale all’alpe Piazza: da qui in avanti, per un bel tratto (fino all’alpe Baitridana), i due sentieri coincidono.
Continuiamo a salire, fino a quota 1640, dove tagliamo un sentiero che proviene da sinistra e prosegue a destra; seguendo l’indicazione di una nuova coppia di cartelli, ignoriamo questo sentiero e proseguiamo salendo. A quota 1680, in corrispondenza di un cartello che indica la Rosa Canina, usciamo di nuovo dal bosco, sul limite inferiore di una fascia di prati. Salendo ancora, a quota 1720 intercettiamo, ad un tornante destrorso (per chi sale), la già citata carrozzabile che si porta fino ai Cornelli. Il cartello del Sentiero della Transumanza, però, ci indica che non dobbiamo seguire la pista, ma che dobbiamo salire alla parte alta di destra dei prati che abbiamo raggiunto (si tratta della località Gradesc, dalla quale si gode di un eccellente panorama sull’alto Lario).
Dopo una breve salita, però intercettiamo la seconda volta la carrozzabile, che ora seguiamo fino al suo punto terminale, ai Cornelli (m. 1739), i prati che si trovano nella parte alta del largo dosso che separa la val Fregera, alla nostra destra (nord–ovest), dalla valle Piazza, alla nostra sinistra (sud–est): si tratta del dosso che sfrutteremo al ritorno. Qui troviamo diversi cartelli: a quelli più vecchi della Comunità Montana di Morbegno, infatti (di color giallo), si aggiungono i più recenti del Parco delle Orobie Valtellinesi. Con riferimento a questi ultimi, viene segnalato il trivio al quale siamo giunti: nella direzione dalla quale veniamo vengono indicati, sul percorso 149, Egolo, a 30 minuti, il Dosso Comune, a 50 minuti, ed Albaredo ad un’ora e 20 minuti; nella direzione in cui dobbiamo procedere vengono indicati, sul percorso 132, Baitridana, a 10 minuti, il rifugio alpe Piazza e l’alpe Piazza, a 20 minuti; nella direzione che scende, alla nostra destra, sul dosso (la seguiremo al ritorno) vengono infine indicati, sul percorso 132, la Corte Grande, a 10 minuti, la Corte Grassa, a 20 minuti e la località Scoccia (Scöccia) a 40 minuti.
Mettiamoci, dunque, in cammino, in direzione sud–est, sul tranquillo sentiero che sale gradualmente, attraversando due macchie di abeti e passando a monte della splendida conca di prati dell’alpe Baitridana (m. 1670). Qui il nostro sentiero raggiunge il punto più alto (mentre quello della transumanza prosegue): imboccando una deviazione sulla destra possiamo scendere alle baite dell’alpe.
Ecco come avviene, invece, il ritorno. Possiamo scendere direttamente da Baitridana alla Corte Grande, oppure tornare al trivio in località Cornelli, e seguire le indicazioni del sentiero che scende alla nostra sinistra (percorso 132, che conduce alla Corte Grande, in 10 minuti, alla Corte Grassa, in 20 minuti ed alla località Scoccia – Scöccia – in 40 minuti). Nel primo tratto di discesa attraversiamo una bella pineta, e ne raggiungiamo il limite inferiore in corrispondenza di un cartello che segnala, nella direzione dalla quale veniamo, il bivacco Legüi ed il rifugio Alpe Piazzo.
Poi procediamo sul limite di sinistra (per chi scende) dell’ampio e splendido terrazzo prativo sul quale si trova il gruppo di baite della Corte Grande (m. 1615), seguito, a poca distanza, da quello della Corte Grassa (m. 1614). Proseguendo nella discesa, dobbiamo prestare attenzione e rimanere sul lato sinistro del largo dosso, raggiungendo le baite della località Scöccia (m. 1445).
La mulattiera, molto marcata nel tratto terminale (segnavia bianco–rossi) termina la sua discesa intercettando il primo tratto della strada asfaltata che si stacca dalla strada provinciale per il passo di San Marco. Se, invece, ci portiamo sul lato opposto della Corte Grande, troveremo un sentiero che scende ad un parcheggio che si trova sempre sulla pista per i Cornelli, ma un paio di tornanti sopra rispetto alla partenza. In entrambi i casi, ci attende un tratto di discesa sulla strada provinciale per S. Marco: dopo un primo tornante sinistrorso, uno successivo destrorso ed un secondo tornante sinistrorso, raggiungeremo il punto in cui la Via Priula intercetta la strada provinciale.
Possiamo, però, anche proseguire sulla mulattiera che lascia, sulla sinistra, la strada provinciale in prossimità del bivio al quale si stacca la strada per Cornelli: la successiva diescesa passa per Scöccia di sotto e si conclude intercettando la Via Priula, che, percorsa verso destra, porta al ristoro Via dei Monti, dal quale, in breve, scendiamo alla strada provinciale nel punto sopra descritto: attraversata la strada, proseguiamo, quindi, a scendere sulla Via Priula, raggiungendo il ponticello sulla Val Fregera.
Superata la valle, incontriamo, scendendo, la Val Viaga, che la fantasia popolare vuole infestata da terribili streghe. Appena oltrepassato il ponticello sulla valle, vediamo sulla nostra destra una curiosa corna rocciosa, ed appena oltre una cappelletta, legate ad una leggenda.
Davvero singolare la conformazione di questa roccia: si tratta di una corna sbalzata rispetto alla base rocciosa, e congiunta con questa da una striscia di roccia singolarmente più chiara; guardando sul lato a monte, scopriamo una profonda crepa che la stacca dall’avamposto roccioso, sul quale poggia, ci pare proprio, con equilibrio instabile, perché la base di appoggio è davvero ridotta. Insomma, parrebbe lì lì per cadere sul sentiero, e la leggenda racconta che venne posta in quel punto dalle streghe della Val Viaga, perché precipitasse sul capo dei viandanti che non sostavano a recitare una preghiera alla Madonna. Ogni escursionista, ad ogni buon conto, si regoli come meglio crede.
Se riusciamo a passare indenni, superato il successivo tornante destrorso dobbiamo lasciare la carrozzabile sterrata e scendere sulla sinistra, per un più stretto tratturo (si tratta sempre della Via Priula), fino ad intercettare la strada provinciale per S. Marco appena a sinistra del ristorante “El Cumpanadech” Qui lasciamo subito la strada provinciale per salire, verso destra, fino al parcheggio delle Case Alte, dove abbiamo lasciato l’automobile circa 5 ore prima.
Questo affascinante anello comporta un dislivello in altezza di 840 metri. Per chi trovasse eccessivo lo sviluppo del sentiero, ecco un suggerimento per un anello più breve. Torniamo alla parte alta di Egolo: poco sopra troviamo il bivio con il sentiero che proviene da destra: qui, invece di proseguire nella salita, prendiamo a destra, lasciando il Sentiero del Matüsc e raggiungendo, dopo un breve tratto, una pista sterrata, seguendo la quale in breve siamo ai prati della Foppa. Qui lasciamo la pista, appena oltre la prima baita, sulla destra, seguendo una mulattiera che scende, ripida, in un bel bosco, raggiungendo il limite destro (per noi che scendiamo) di una ripida fascia di prati (si tratta della località Piàzzola).
Giunti alla parte bassa dei prati, continuiamo a scendere nel bosco, più o meno sul filo di un largo dosso boscoso, finché la mulattiera piega a sinistra, lasciando alla propria destra una baita, e scende fino al torrentello della Val Fregera, che, piegando a destra, fiancheggia fino ad intercettare la Via Priula in corrispondenza del già citato ponte della Val Fregera. Prendendo, ora, a destra cominciamo l’ultimo tratto della discesa, che, come sopra descritto, ci riporta all’automobile. Questa variante accorcia di circa un’ora il cammino (il dislivello, a sua volta, scende a circa 650 metri).
Testo e fotografie a cura di Massimo Dei Cas
Pagina aggiornata il 29/06/2023