L’anello del Bitto

Escursione

L’escursione che permette di visitare l’abete di Vesenda è una delle più classiche fra quelle che si effettuano con base ad Albaredo. Essa può essere l’inizio di un più ampio ed interessantissimo anello che tocca il passo di S. Marco e sfrutta, nel ritorno, la Via Priula. Ma andiamo con ordine. L’abete di Vesenda (avèzz de Üusénda, nel dialetto locale) è il più famoso albero della Valtellina, un abete bianco (abies alba) dall’età veneranda (dai 300 ai 350 anni) e dalle dimensioni imponenti (38,50 metri di altezza, 5,65 metri di circonferenza, 1,79 metri di diametro a petto d’uomo, 32,60 metri cubi di volume totale). Si trova presso l’alpe di Vesenda bassa, nel cuore poco conosciuto della valle del Bitto di Albaredo. La visita a questo monumento della natura rappresenta una facile e gradevole passeggiata, da maggio fino alla prima neve invernale. Per effettuarla dobbiamo partire dalla piazza S. Antonio di Morbegno (la piazza del mercato) ed imboccare, seguendo le indicazioni, la strada per Albaredo – Passo di S Marco. Raggiunta Albaredo, proseguiamo per un tratto verso il passo, finché, ad un tornante sinistrorso, troviamo alcuni cartelli che segnalano una deviazione a destra per il ristoro alla Via dei Monti, per la via Priula e per il Sentiero dei Misteri. Imbocchiamo la stradina, nel primo tratto asfaltata, poi sterrata, ed in breve siamo alla chiesetta della Madonna delle Grazie (m. 1157), che fronteggia il dosso Chierico ed è posta a guardia delle inquietanti forre della valle di Lago e della val Pedena.

Lasciata l’automobile nel parcheggio vicino alla chiesetta, scendiamo verso il fondo della valle Piazza, seguendo l’elegante tracciato della via Priula. Superato il torrente della valle su un ponticello, raggiungiamo un secondo ponte, che ci permette di valicare anche il torrente Pedena, in prossimità del punto di partenza del sentiero dei Misteri. La strada prosegue all’ombra di un bel bosco, fino a raggiungere il gruppo delle baite più basse del dosso Chierico (m. 1166). Fin qui abbiamo percorso un tratto della via Priula, ma ora dobbiamo staccarcene, imboccando una deviazione sulla destra, segnalata dal cartello verde che indica l’Abete di Vesenda. Iniziamo così una lunga ed un po’ monotona traversata della parte inferiore del fianco orientale della valle del Bitto di Albaredo. Dopo aver ignorato due deviazioni che scendono alla nostra destra verso il torrente Bitto, usciamo alla fine dal bosco nei pressi di una bella radura posta proprio nel cuore della valle. In breve siamo quindi sulla riva orientale del torrente, e lo possiamo attraversare sfruttando un ben visibile ponte formato da grandi massi (m. 1251). Sul lato opposto troviamo facilmente il sentiero che sale verso l’alpe di Vesenda bassa. L’abete non è lontano, ma per trovarlo il cartello che lo indica, tristemente adagiato su un tronco d’albero caduto, non ci è di alcun aiuto. Tuttavia la ricerca non è difficile. Saliamo per un tratto, superando un boschetto di abeti, fino a giungere in vista dei muretti diroccati che segnano il confine dell’alpe, poco sopra i 1350 metri. Ora guardiamo alla nostra destra: vedremo un fitto bosco di abeti, dal quale emerge la solitaria chioma diradata dell’Abete di Vesenda, riconoscibile, appunto, non solo per i suoi rami volti all’insù (caratteristica dell’abete bianco), ma anche per la povertà dei rami nella parte alta del tronco. Per questo il suo profilo spicca nella compagine degli alti abeti del bosco. Avviamoci quindi verso il limite del bosco ed addentriamoci fra gli abeti per un tratto: in breve ci troveremo presso due tavoli in legno, ideali per una sosta ristoratrice. Il grande abete si solleva verso il cielo a pochi metri dai tavoli, vetusto nel suo carico d’anni ma sempre possente nella sua sorprendente mole. Dalla parte bassa del tronco, in particolare, parte un grande ramo dalla forma singolare, che ha tutta l’aria di rappresentare una sorta di grande braccio piegato ad angolo retto verso l’alto. La passeggiata dalla chiesetta della Madonna della Grazie fino a qui richiede poco più di un’ora.

Se abbiamo tempo e gambe, possiamo proseguire nella salita verso l’alpe di Vesenda alta. Raggiunte le baite di Vesenda bassa, a 1457 metri (prestando attenzione, in estate, alla presenza di eventuali cani quando l’alpe viene caricata), imbocchiamo il sentiero che parte alle loro spalle e, salendo verso destra, attraversa un bel bosco, sbucando sul limite inferiore dell’alpe di Vesenda alta (m. 1647). Dalle baite inferiori saliamo, su traccia di sentiero, alla baita posta a 1734 metri. Proseguendo nella salita, ci ritroviamo sulla sommità erbosa di un grande dosso (m. 1851), in una posizione panoramica estremamente suggestiva: da qui possiamo dominare il dosso di Bema, a sinistra, le cime del gruppo Masino–Disgrazia, davanti a noi, il fianco orientale della valle del Bitto di Albaredo ed i passi di Pedena e San Marco, a destra. Il pianoro sul quale ci troviamo può costituire un ottimo punto di sosta: qui possiamo respirare un senso di pace e di apertura di orizzonti che non capita spesso di gustare nelle escursioni alle quote medie. Se siamo escursionisti esperti ed abbiamo ancora qualche ora a disposizione (ne sono passate, finora, due e mezza – tre), possiamo tornare all’automobile con un lungo giro, che ci fa passare dal passo di San Marco.

Un cartello della Comunità Montana di Morbegno ci segnala che alla nostra destra parte il sentiero per la baita di Aguc, sentiero che poi percorre la sommità del dosso di bema fino al pizzo Berro (attenzione nell’ultimo tratto prima del pizzo). Alla nostra sinistra, invece, parte un sentiero che volge in direzione del passo di San Marco. Imbocchiamolo, sul limite meridionale dei prati (non è segnato sulle carte, ma è ben visibile, almeno nel primo tratto). Superata una prima baita, giungiamo ad un’alpe abbandonata, con qualche calecc diroccato. Qui dobbiamo scendere per attraversare un torrentello; sul lato opposto la traccia si perde, ma possiamo salire a vista fino ad intercettare una traccia poco marcata che giunge dalla nostra destra e supera a monte una fascia di massi. Seguendo la traccia verso sinistra, aggiriamo un grande dosso e ci troviamo ai piedi di un ampio vallone erboso, che la traccia comincia a risalire con qualche tornante. In breve raggiungiamo così facilmente il crinale fra la valle del Bitto di Albaredo e l’alta val Brembana. Il crinale è percorso da un sentiero che parte dal passo di Verrobbio (alta val Bomino, in Val Gerola) e giunge al passo di San Marco, dopo aver superato la cima di Verrobbio (che si trova alla nostra destra). Se siamo escursionisti esperti, non facilmente impressionabili e dotati di buon senso dell’equilibrio possiamo percorrere verso sinistra il sentierino fino al passo di San Marco (sempre con catela e prudenza, perché alcuni passaggi sono esposti). In caso contrario, percorriamone solo un tratto verso sinistra, fino a raggiungere un punto dal quale possiamo scendere sul fianco erboso meridionale del crinale, scegliendo il percorso di minore pendenza (anche in questo caso, però, la prudenza è d’obbligo).

La discesa ci porterà sulla bella mulattiera che congiunge il passo di Verrobbio al rifugio Ca’ San Marco (m. 1830). Raggiunto il rifugio, saliamo al passo di San Marco (m. 1985), dal quale parte il bel tracciato della via Priula che scende in valle di Albaredo, passando vicino alla casera di Orta Vaga, attraversando il torrente della valle d’Orta ed entrando nel bosco, poco sotto la strada asfaltata che scende dal passo verso Albaredo. Dopo una lunga ed un po’ noiosa discesa, ci ritroviamo al bivio nella parte inferiore del dosso Chierico, dove, nella prima parte dell’escursione, ci siamo staccati dalla via Priula. L’intera escursione, con questa variante panoramicamente assai interessante, richiede circa 7–8 ore.

Testo e fotografie a cura di Massimo Dei Cas

Pagina aggiornata il 29/06/2023