Fra i quattro principali sentieri proposti come esperienza escursionistica significativa a coloro che vogliono incontrare e conoscere a fondo il territorio di Albaredo, quello della Transumanza ripercorre il tragitto delle mandrie che, in estate, salivano dal paese agli alpeggi alti, sostando nei maggenghi durante i mesi di maggio e settembre. Un sentiero estremamente significativo, tenuto conto che siamo nel cuore di quel sistema di alpeggi che sono legati alla produzione di uno dei più famosi prodotti caseari dell’arco alpino, il formaggio Bitto. Nella piazza S. Marco, centro di Albaredo, un cartello illustra il percorso di questo sentiero (identificato dal numero tre e dal colore verde).
Si tratta di un sentiero ad anello, che può avere un duplice punto di partenza: la piazza centrale stessa di Albaredo (versione più lunga, che richiede, complessivamente, circa 5 ore di cammino, con un dislivello in altezza – essendo il bivacco Legüi, all’alpe Piazza, il punto di arrivo – di circa 1000 metri), oppure la partenza del sentiero vero e proprio, che si stacca dalla Via Priula all’altezza del punto in cui questa attraversa la Val Fregera (versione ridotta, e comunque di tutto rispetto, in quanto richiede 4 ore ed un quarto di cammino, per superare un dislivello di circa 770 metri).
Nel primo caso sfruttiamo un pezzo della storica Via Prìula per raggiungere l’imbocco del sentiero, sul lato nord–occidentale della Val Fregera. Dalla piazza S. Antonio di Morbegno, dunque, saliamo ad Albaredo per S. Marco. Lasciata l’automobile al parcheggio di Piazza S. Marco (m. 898), la cui denominazione richiama gli storici e secolari legami di Albaredo con la Serenissima, saliamo lungo la via che, partendo dal lato alla sinistra della facciata della chiesa, attraversa tutto il nucleo centrale del paese, fino ad intercettare la via San Marco, vale a dire la strada provinciale che prosegue per il passo di San Marco. La salita lungo questa stretta via ci offre l’occasione per osservare una bella meridiana, alcuni dipinti dedicati alla Madonna ed alcuni suggestivi murales.
Raggiunta la strada provinciale per S. Marco, troviamo sul lato opposto il ristorante “El cumpanà dech”: lo lasciamo alle nostre spalle, salendo per un breve tratto lungo la provinciale, fino a trovare, sulla sinistra, la partenza di un tratturo che sale più ripido rispetto alla strada asfaltata. (triplice indicazione: Via Priula, Sentiero dei Misteri e Sentiero della Transumanza). Dopo una salita abbastanza decisa, intercettiamo una larga pista sterrata che proviene da sinistra e, seguendo le indicazioni del cartello della Via Priula, la percorriamo verso destra, in falsopiano.
Troviamo ben presto un cartello blu che ricorda un passaggio della leggenda del Sassello, cui è legato il Sentiero dei Misteri: il pastore, che doveva salire alla casera di Pedena per ritirare una forma di Bitto, passando di qui e ricordando la pessima fama del luogo, infestato da streghe malefiche, non mancò di recitare una preghiera alla Madonna. Ci stiamo approssimando, infatti, al ponticello della val Viaga, preceduto da una cappelletta dedicata alla Madonna e da una singola corna rocciosa che incombe sul sentiero. Davvero singolare la conformazione di questa roccia: sul lato che guarda al sentiero appare come una corna sbalzata rispetto alla base rocciosa, e congiunta con questa da una striscia di roccia singolarmente più chiara; guardando sul lato opposto, scopriamo una profonda crepa che la stacca dall’avamposto roccioso, sul quale poggia, ci pare proprio, con equilibrio instabile, perché la base di appoggio è davvero ridotta. Insomma, parrebbe lì lì per cadere sul sentiero, ed una leggenda racconta che venne posta in quel punto dalle streghe della Val Viaga, perché precipitasse sul capo dei viandanti che non sostavano a recitare una preghiera alla Madonna. Ecco spiegato il cartello che ricorda l’atto di devozione del Sassello. Ogni escursionista, ad ogni buon conto, si regoli come meglio crede.
Se avremo, comunque, superato indenni la corna e, sul ponticello, la Val Viaga, potremo proseguire nella salita, in direzione della più ampia Val Fregera, che raggiungiamo, in breve, dopo essere passati a valle di una striscia di prati con alcune baite ammodernate. Dopo una curva a sinistra, ecco il ponte sulla valle; invece di impegnarlo, lasciamo la Via Priula (che effettua l’ultima salita prima di intercettare la strada provinciale per il passo di S. Marco) sulla sinistra, imboccando il sentiero che fiancheggia per un buon tratto, sulla sinistra, per chi sale, il torrentello della valle.
Troviamo subito il cartello verde che ci rassicura: siamo sul Sentiero della Transumanza. Dopo una breve salita, ignoriamo un sentiero che si stacca sulla destra, attraversa il torrentello e prosegue sul lato opposto della valle: noi restiamo sul lato sinistro, ed incontriamo subito una svolta a sinistra, effettuando poi una diagonale in salita che ci porta in prossimità di una baita. Qui il sentiero (che si è fatto una ben marcata mulattiera) piega di nuovo a destra, e propone un bivio: una traccia meno marcata prosegue diritta, verso destra, mentre la mulattiera scarta subito a sinistra, protetta da un muretto a secco. Troviamo un nuovo cartello che ci conferma che è questa la direzione giusta. Iniziamo, ora, a salire decisamente, con diversi tornantini, sul filo di un dosso boscoso. La salita è piuttosto faticosa, e viene da chiedersi come mai sulla mulattiera non si rinvengano i miseri resti di qualche mucca schiattata nell’aspro sforzo di guadagnare il maggengo che, peraltro, non è lontano. Durante una sosta, potremo, peraltro, scorgere, alla nostra destra, sul lato opposto della valle, la carrozzabile che si stacca dalla strada provinciale per S. Marco e sale fino a Cornelli (località cui giungeremo anche noi, per altra via).
Un segno blu su un sasso preannuncia il limite inferiore della lunga striscia di prati del maggengo di Pià zzola: raggiunta la baita più bassa (m. 1340 circa), troviamo, alla sua sinistra, un nuovo cartello che segnala che il Sentiero della Transumanza prosegue salendo diritto; un secondo cartello segnala, invece, che il sentiero che se ne stacca, sulla sinistra, con andamento pianeggiante, porta al maggengo di Égolo. La salita, dunque, riprende, sempre con pendenza piuttosto severa. La traccia, che procede a zig–zag, è meno marcata, ma non ci si può sbagliare (qualche segno blu su alcune piante è di ulteriore aiuto): dobbiamo rimanere nei pressi del limite sinistro (per chi sale) dei prati.
Dopo aver donato diverse altre gocce di sudore al terreno di questo splendido bosco, sbuchiamo al limite inferiore del maggengo delle Foppe (m. 1470), intercettando la pista che lo raggiunge da destra, staccandosi (sulla sinistra, per chi sale) dalla già menzionata pista che sale fino ai Cornelli. Portiamoci alla baita sul limite sinistro dei prati, appena sopra la pista: troveremo un nuovo cartello che indica che non dobbiamo seguire la pista, ma salire lungo il sentiero che parte appena a sinistra di questa baita.
Prima di raccontare la prosecuzione dell’escursione, vediamo come è possibile chiudere un anello meno impegnativo, iniziando la discesa da qui. Basta seguire la pista verso sinistra: dopo un breve tratto, termina ad uno slargo (ma, con tutta probabilità , verrà prolungata), lasciando il posto ad un sentiero che, in breve, esce dal bosco in corrispondenza di un bivio, con un cartello giallo del Sentiero del Matüsc. Al bivio prendiamo a sinistra, scendendo in breve ad intercettare un più largo sentiero che proviene da sinistra e raggiungendo il limite superiore di un’ampia fascia di prati, il bellissimo e panoramicissimo maggengo di Égolo. Ora dobbiamo scendere, seguendo per un tratto le rade indicazioni bianco–rosse ed i cartelli del Sentiero del Matüsc (intercettiamo un secondo sentiero che proviene da sinistra, dalla località Piazzola: si tratta del sentiero sopra citato, Piazzola–Égolo).
Poi, però, quando questo piega a destra, noi restiamo sul limite sinistro dei prati, scendendo alla più bassa delle baite di sinistra: qui pieghiamo a destra, percorrendo un breve tratto, a trovare un sentiero che si stacca sulla sinistra dal sentierino sul quale siamo, iniziando a scendere verso il limite del bosco. Volgendo gli occhi alla baita un po’ più in alto, alla nostra destra, vediamo un bel dipinto di Madonna. All’inizio il sentiero sempre poco marcato, ma poi, entrati nel bosco, scopriamo che si tratta di una larga e comoda mulattiera, che, con numerosi tornanti, ci porta fino ai prati alti a monte della frazione Case di Sopra di Albaredo. Qui intercettiamo una carrozzabile sterrata, appena a sinistra del Punt dul Saltìn. Prendiamo a sinistra e, dopo la curva, troviamo, sulla destra, un sentierino che scende diritto sul filo del dosso di prati, intercettando una stradina asfaltata che sale dalle Case di Sopra. Il sentierino alle case della frazione: qui prendiamo a destra e, superato un parcheggio, raggiungiamo, scendendo, in breve il ristorante “El cumpanadegh”, dal quale torniamo alla piazza centrale di Albaredo, dove abbiamo lasciato l’automobile. Questo anello ridotto, ma non per questo minore, comporta un dislivello in salita di circa 560 metri, e richiede circa 3 ore di cammino.
Ma torniamo alle Foppe, per riprendere il racconto del Sentiero della Transumanza. Invece di seguire la pista, saliamo per il sentiero a lato della baita, rientrando nel bosco, fino alla località Sass (m. 1600 circa), dove intercettiamo un sentiero che sale da sinistra. Il doppio cartello del Sentiero del Matüsc e del Sentiero della Transumanza ci indica che abbiamo intercettato il primo percorso: da qui in avanti, per un bel tratto (fino all’alpe Baitridana), i due sentieri coincidono.
Continuiamo a salire, fino a quota 1640, dove tagliamo un sentiero che proviene da sinistra e prosegue a destra; seguendo l’indicazione di una nuova coppia di cartelli, proseguiamo salendo. A quota 1680, in corrispondenza di un cartello che indica la Rosa Canina, usciamo di nuovo dal bosco, sul limite inferiore di una fascia di prati. Salendo ancora, a quota 1720 intercettiamo, ad un tornante destrorso (per chi sale), la già citata carrozzabile che si porta fino ai Cornelli. Il cartello del Sentiero della Transumanza, però, ci indica che non dobbiamo seguire la pista, ma che dobbiamo salire alla parte alta di destra dei prati che abbiamo raggiunto (si tratta della località Gradesc).
Dopo una breve salita, però intercettiamo la seconda volta la carrozzabile, che ora seguiamo fino al suo punto terminale, ai Cornelli (m. 1739), i prati che si trovano nella parte alta del largo dosso che separa la val Fregera, alla nostra destra (nord–ovest), dalla valle Piazza, alla nostra sinistra (sud–est): si tratta del dosso che sfrutteremo al ritorno. Un nuovo cartello verde ci indica la direzione nella quale il sentiero prosegue, in direzione (sud–est) dell’ampia alpe Piazza (o alpe Piazzo), che vediamo già davanti a noi, ai piedi dell’elegante profilo del monte Lago (m. 2353). Troviamo anche diversi altri cartelli: a quelli più vecchi della Comunità Montana di Morbegno, infatti (di color giallo), si aggiungono i più recenti del Parco delle Orobie Valtellinesi. Con riferimento a questi ultimi, viene segnalato il trivio al quale siamo giunti: nella direzione dalla quale veniamo vengono indicati, sul percorso 149, Egolo, a 30 minuti, il Dosso Comune (che non abbiamo incontrato, salendo, perché rientra nel percorso del Sentiero del Matüsc), a 50 minuti, ed Albaredo ad un’ora e 20 minuti; nella direzione in cui dobbiamo procedere vengono indicati, sul percorso 132, Baitridana, a 10 minuti, il rifugio alpe Piazza e l’alpe Piazza, a 20 minuti; nella direzione che scende, alla nostra destra, sul dosso (la seguiremo al ritorno) vengono infine indicati, sul percorso 132, la Corte Grande, a 10 minuti, la Corte Grassa, a 20 minuti e la località Scoccia (Scöccia) a 40 minuti.
Mettiamoci, dunque, in cammino, in direzione sud–est, sul tranquillo sentiero che sale gradualmente, attraversando due macchie di abeti e passando a monte della splendida conca di prati dell’alpe Baitridana (m. 1670). Ignorata la deviazione, che sale alla nostra sinistra, per la Pozza Rossa, usciamo dalla seconda macchia e raggiungiamo il rifugio alpe Piazza, appena a monte del sentiero (m. 1835). Il monte Lago. Foto di M. Dei Cas La conclusione del sentiero è ormai vicina: proseguendo sul sentiero, che si dirige all’ampia distesa dell’alpe, la più importante di Albaredo, superiamo il torrentello che scende dalla parte alta della Valle Piazza e ci dirigiamo al baitone quotato IGM 1898, sul quale è posta una targa dedicata a quanti hanno profuso le proprie energie nelle attività connesse con la vita degli alpeggi. Vi si legge: “A tutti coloro che da questo alpeggio hanno tratto sostentamento frutto di spossante gravoso lavoro, a tutti coloro che ancora oggi contribuiscono al mantenimento della secolare attività qual è la lavorazione del latte, Pro Loco di Albaredo dedica, Alpe Piazzo 12 agosto 1984”. Questa dedica è la migliore conclusione della salita lungo il sentiero percorso per secoli da alpeggiatori e mandrie.
Alla destra del baitone si trova il più piccolo edificio adibito a bivacco (bivacco Legüi). È questo il punto più alto del sentiero, che abbiamo raggiunto dopo circa 3 ore di cammino (o poco meno). Il panorama è splendido. Siamo nel cuore dell’alpe che, come già detto, si stende ai piedi del monte Lago, che la domina a sud–est. Ma è soprattutto il panorama settentrionale ad imporsi per la sua straordinaria bellezza, mostrandoci tutte le cime del gruppo Masino–Disgrazia, vale a dire, da sinistra, i pizzi Badile, Cengalo e Gemelli, i pizzi del Ferro, la cima di Zocca, la punta Allievi, la cima di Castello, la punta Rasica, i pizzi Torrone, il monte Sissone, le cime di Chiareggio e, preminente per mole ed eleganza, il monte Disgrazia, che chiude la splendida carrellata sul lato destro. Per chi ha gambe, segnaliamo che dal bivacco la salita alla cima del monte Lago, ancor più panoramica (m. 2353), si può effettuare in poco più di un’ora, raggiungendo il crinale che scende verso ovest e seguendone facilmente il filo fino alla cima.
Ecco come avviene, invece, il ritorno. Scendiamo di nuovo al trivio in località Cornelli, e seguiamo le indicazioni del sentiero che scende alla nostra sinistra (percorso 132, che conduce alla Corte Grande, in 10 minuti, alla Corte Grassa, in 20 minuti ed alla località Scoccia (Scöccia) in 40 minuti. Nel primo tratto di discesa attraversiamo una bella pineta, e ne raggiungiamo il limite inferiore in corrispondenza di un cartello che segnala, nella direzione dalla quale veniamo, il bivacco Legüi ed il rifugio Alpe Piazzo. Poi procediamo sul limite di sinistra (per chi scende) dell’ampio e splendido terrazzo prativo sul quale si trova il gruppo di baite della Corte Grande (m. 1615), seguito, a poca distanza, da quello della Corte Grassa (m. 1614). Proseguendo nella discesa, dobbiamo prestare attenzione e rimanere sul lato sinistro del largo dosso, raggiungendo le baite della località Scöccia (m. 1445).
La mulattiera, molto marcata nel tratto terminale (segnavia bianco–rossi) termina la sua discesa intercettando il primo tratto della strada asfaltata che si stacca dalla strada provinciale per il passo di San Marco. Se, invece, ci portiamo sul lato opposto della Corte Grande, troveremo un sentiero che scende ad un parcheggio che si trova sempre sulla pista per i Cornelli, ma un paio di tornanti sopra rispetto alla partenza. In entrambi i casi, ci attende un tratto di discesa sulla strada provinciale per S. Marco: dopo un primo tornante sinistrorso, uno successivo destrorso ed un secondo tornante sinistrorso, raggiungeremo il punto in cui la Via Priula intercetta la strada provinciale.
Possiamo, però, anche proseguire sulla mulattiera che lascia, sulla sinistra, la strada provinciale in prossimità del bivio al quale si stacca la strada per Cornelli: la successiva discesa passa per Scöccia di sotto e si conclude intercettando la Via Priula, nei pressi del ristoso Via dei Monti. Percorrendo la Via Priula verso destra, intercettiamo al strada provinciale nel punto sopra descritto: attraversata la strada, proseguiamo, quindi, scendendo al ponticello sulla Val Fregera, nel pressi del quale possiamo aver lasciato l’automobile.
Se questa è, invece, ad Albaredo, non ci resta che proseguire nella discesa sulla via Priula fino ad intercettare la strada provinciale per S. Marco sul limite meridionale del paese, per poi scendere alla piazza della chiesa, dove abbiamo parcheggiato l’automobile. Nel primo caso l’anello richiede circa 4 ore ed un quarto di cammino (il dislivello è di 770 metri), nel secondo 5 ore circa (il dislivello sale a 1000 metri).
Testo e fotografie a cura di Massimo Dei Cas
Pagina aggiornata il 29/06/2023